Bambini magici

Bambini Magici: i pericoli dell'etichetta

Nessun bambino è perduto se ha un insegnante che crede in lui”      

B. Bueb
 “magici” … così vennero definiti un gruppo di bambini frequentanti la Oak School negli anni ’60 negli States. Un gruppo di bambini a cui degli sperimentatori somministrarono un test di intelligenza ad inizio anno scolastico truccandone i risultati per mostrare (falsi) punteggi molto alti da comunicare agli insegnanti.
Agli occhi degli insegnanti, quegli alunni sarebbero stati molto promettenti.
Il QI dei bambini magici era stato deliberatamente inventato ma quei bambini, a fine anno scolastico, ottennero risultati scolastici migliori dei loro compagni non-magici, soprattutto nell’area della lettura. Non solo. Il loro QI era addirittura aumentato durante l’anno scolastico.

L’esperimento della Oak School ci mostra scientificamente quello che i nostri genitori cercavano, pur non avendone evidenza, di spiegarci: “ se ti fai il nome di quello somaro …. Poi è difficile toglierselo”.
Avevano perfettamente ragione. L’unica cosa che non sapevano era che l’incantesimo funziona in entrambe le direzioni, così anche il “nome di quello dotato” non solo è difficile toglierselo ma contribuisce a creare “vera bravura” … come in una magia.

In realtà di magico c’è ben poco, l’effetto che si crea è quello di un trasferimento nella realtà delle aspettative create dall’informazione ricevuta e ritenuta degna di credibilità ( questi bambini sono più dotati degli altri ) attraverso l’azione degli insegnanti che, in virtù di questa, attraverso i gesti, gli sguardi, i toni di voce, la comunicazione, una maggiore attenzione alle capacità dei magici alunni contribuiscono a stimolare maggiormente le potenzialità dei bambini stessi. L’effetto quindi è assolutamente reale. Le aspettative diventano realtà.


Il potere delle etichette, positive o negative che siano, è quindi reale, ed agisce subdolamente modellando e condizionando la vita dei bambini soprattutto nel contesto scolastico ed educativo. Questa “magia” può rivelarsi una potente alleata se gestita strategicamente nel contesto educativo oppure agire come un insidiosa nemica. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un proliferare di etichette e diagnosi elargite a volte con troppa facilità e disinvoltura sovrastimando l’incidenza reale di disturbi come ad esempio i Disturbi Specifici di Apprendimento, l’ADHD, il Disturbo Oppositivo Provocatorio, ecc.
Dovremo fare attenzione quindi a chiamare e definire i bambini attraverso la nosografia e le sue etichette ma chiederci piuttosto che cosa sta mantenendo in vita il problema di Mario? Cosa piace fare a Marco? Che attitudini possiede Giulia? Contribuendo a creare per loro nuove realtà, magari inventate, che possano produrre effetti magici ……. decisamente reali.



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